Il marketing d’influenza è una delle leve più potenti del digital marketing. Negli ultimi dieci anni ha trasformato il modo in cui i brand comunicano, spostando l’attenzione dalle pubblicità tradizionali a figure capaci di generare fiducia, identificazione e aspirazione. Ma nel 2025 lo scenario si fa ancora più complesso: accanto agli influencer umani, stanno emergendo influencer virtuali alimentati da intelligenza artificiale.
La domanda che si pongono aziende e marketer è inevitabile: chi funziona meglio? Gli influencer umani, con il loro vissuto e la loro autenticità, o quelli virtuali, programmati per essere perfetti e sempre disponibili?
L’ascesa degli influencer virtuali
Gli AI-powered influencer non sono una novità assoluta, ma negli ultimi anni hanno conosciuto un’esplosione. Grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale generativa e delle tecnologie di animazione 3D, oggi questi personaggi non solo esistono, ma interagiscono in tempo reale con i follower, creano contenuti personalizzati e rispondono ai commenti come se fossero persone reali.
Alcuni brand globali hanno già adottato influencer virtuali come volto delle proprie campagne. Il vantaggio è chiaro: totale controllo sull’immagine, assenza di scandali legati alla vita privata, disponibilità 24/7. Inoltre, i costi possono essere più prevedibili rispetto ai cachet milionari di alcune star umane.
Il valore unico degli influencer umani
Nonostante il fascino delle soluzioni AI, gli influencer umani conservano un vantaggio incolmabile: la credibilità derivante dall’esperienza reale. Un atleta che parla di scarpe da corsa trasmette un’autenticità che nessun algoritmo può replicare. Una madre che racconta la propria quotidianità dà vita a storie che colpiscono perché vissute.
L’engagement nasce spesso dall’empatia. Gli utenti si riconoscono nei successi e nelle difficoltà di una persona in carne e ossa, e questo legame emotivo è difficilmente replicabile da un’entità programmata.
I vantaggi degli influencer AI
Il successo degli influencer virtuali non è casuale. Offrono benefici che rispondono a esigenze precise dei brand. In primo luogo, la coerenza totale del messaggio: non ci sono rischi di dichiarazioni fuori luogo o comportamenti dannosi per la reputazione aziendale.
Inoltre, un influencer AI può essere localizzato e adattato a diversi mercati senza difficoltà. Lo stesso personaggio può parlare in dieci lingue con perfetta pronuncia, vestire abiti di designer differenti a seconda della campagna, mantenere uno stile coerente in ogni contesto.
Infine, la scalabilità è un fattore determinante: un influencer virtuale può creare contenuti su misura per migliaia di micro-segmenti, sfruttando la generazione automatica di testi, immagini e video.
I limiti degli influencer AI
Nonostante le potenzialità, l’intelligenza artificiale porta con sé limiti evidenti. Il primo riguarda la percezione di autenticità. Anche se un personaggio virtuale è curato nei minimi dettagli, resta il sospetto che manchi qualcosa: l’esperienza umana, la vulnerabilità, la spontaneità.
Un altro limite è la trasparenza etica. Alcuni utenti percepiscono come manipolatorio l’uso di figure artificiali spacciate per reali. La regolamentazione futura potrebbe imporre chiarezza assoluta sulla natura di questi personaggi, riducendo l’effetto sorpresa.
Infine, c’è il tema della connessione emotiva. Per quanto sofisticata, un’AI non può raccontare un dolore autentico o una gioia vissuta in prima persona. E in molti casi è proprio questa imperfezione a generare empatia.
Engagement: cosa dicono i dati
Nel 2025 i primi dati comparativi mostrano uno scenario sfaccettato. Gli influencer AI generano spesso tassi di interazione più alti nelle prime fasi di lancio, grazie alla curiosità e alla novità. Tuttavia, sul lungo periodo, gli influencer umani mantengono un engagement più stabile e profondo, basato sulla relazione personale.
Gli utenti più giovani, come la Gen Z e la Gen Alpha, sono più inclini ad accettare e interagire con influencer virtuali, soprattutto quando questi incarnano estetiche di tendenza. Le generazioni più adulte, invece, tendono a preferire volti umani, percepiti come più affidabili.
Il punto di vista dei brand
Dal lato delle aziende, la scelta tra influencer AI e umani dipende dagli obiettivi. Se lo scopo è ottenere visibilità rapida e globale, gli influencer virtuali offrono soluzioni scalabili e controllabili. Se invece l’obiettivo è costruire fiducia a lungo termine, i brand continuano a puntare su figure umane, magari micro-influencer con community ristrette ma fortemente coinvolte.
Alcuni marchi hanno iniziato a sperimentare strategie ibride, dove influencer umani collaborano con versioni AI di sé stessi, amplificando la portata dei messaggi senza rinunciare all’autenticità.
Questioni etiche e culturali
La diffusione degli influencer AI apre anche interrogativi profondi. Cosa significa identificarsi con un personaggio che non esiste? Quali rischi comporta per l’immagine del corpo, per la rappresentazione sociale, per l’autostima dei giovani?
Inoltre, c’è la questione della proprietà intellettuale: chi controlla l’identità di un influencer virtuale? Cosa succede se un brand smette di usarlo, ma una community continua a seguirlo?
Questi dilemmi mostrano che il tema non è solo di marketing, ma culturale e sociale. Il rapporto tra reale e artificiale sarà uno dei nodi centrali dei prossimi anni.
Il futuro dell’influencer marketing
Guardando avanti, è probabile che non ci sia un vincitore assoluto tra AI e umani. Piuttosto, vedremo una coabitazione. Gli influencer virtuali saranno usati per campagne globali, storytelling futuristici, test di mercato rapidi. Gli influencer umani resteranno fondamentali per generare fiducia, autenticità e legami profondi.
La vera sfida per i brand sarà saper integrare i due mondi senza creare confusione o alienare il pubblico. In un certo senso, l’influencer marketing del futuro sarà meno una questione di “chi” e più una questione di “come”: come si costruisce un’esperienza di relazione credibile, coinvolgente e rispettosa.
Conclusione
La contrapposizione tra influencer AI e influencer umani non va letta come una battaglia a somma zero. Entrambi hanno punti di forza e debolezze. Gli influencer virtuali offrono efficienza, controllo e scalabilità; gli umani portano autenticità, empatia e credibilità. Per i brand, la vera opportunità non è scegliere, ma saper usare entrambe le leve in modo complementare. Nel 2025, l’engagement non dipenderà solo dalla tecnologia o dalla personalità, ma dalla capacità di un brand di creare relazioni significative in un mondo sempre più complesso.